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Il Tribunale di Trento afferma la validità della clausola floor, l'assenza di anatocismo nel piano di ammortamento alla francese e l'inapplicabilità del regime dell'usura oggettiva agli interessi di mora

  • Fonte:

    www.leggiditaliaprofessionale.it

  • Provvedimento:

    Trib. Trento, sentenza 06-07-2017, Est. B. SIEFF

Il Tribunale di Trento afferma la validità della clausola floor, l'assenza di anatocismo nel piano di ammortamento alla francese e l'inapplicabilità del regime dell'usura oggettiva agli interessi di mora

Il Tribunale di Trento,  con sentenza 06-07-2017, Est. B. SIEFF, ha affermato (il corsivo ed il grassetto sono a cura dello Studio) che:

  • "La pattuizione di un tasso floor deve ritenersi valida, non vedendosi alcun contrasto con norme imperative, né essendo meritevole di seguito la tesi secondo cui la clausola darebbe luogo ad un derivato implicito. La clausola, infatti, non dà luogo ad un'operazione a sé stante correlata a valori che restano esterni al rapporto tra le parti (cd. sottostante; cfr. art. 1, co. 3 tuf). Al contrario, la clausola resta legata da un nesso di stretta inerenza rispetto allo svolgimento del rapporto contrattuale e al suo stesso oggetto (onerosa messa a disposizione di denaro), inserendo in punto di interessi un elemento di rigidità che funge da limite - in favore della banca finanziatrice - alla variabilità del tasso";
  • "La capitalizzazione degli interessi col sistema di ammortamento alla francese non produce alcuna indeterminatezza, né equivocità, nemmeno quando correlata a contratto di finanziamento ad interesse variabile indicizzato. Il piano di ammortamento alla francese consiste in un metodo contabile mirante a dare costanza alle rate, calcolando gli interessi sulla quota capitale via via decrescente in ragione del tempo tra una rata e l'altra. La determinazione del tasso corrispettivo, variabile, non dipende dal metodo di ammortamento, bensì dai criteri indicati nel contratto di mutuo (v. spec. art. 2 contratto di mutuo). Per altri versi, il sistema nemmeno produce anatocismo, atteso che la rata ingloba interessi semplici, sempre calcolati, al tasso nominale, sul capitale residuo, non anche sui pregressi interessi";

  • "....l'esclusione dell'applicazione della disciplina dell'usura oggettiva agli interessi di mora si rinviene anzitutto sul piano della lettera delle pertinenti norme, atteso che l'art. 644, co. 1 c.p. fa espressamente riferimento a quanto sia dato o promesso "in corrispettivo di una prestazione di denaro", mentre il co. 3, nell'indicare i criteri per la determinazione del tasso soglia, fa espresso riferimento alle "remunerazioni a qualsiasi titolo", e la stessa espressione è impiegata nell'art. 2 della L. n. 108 del 1996, là dove, come detto, gli interessi di mora non costituiscono corrispettivo né remunerazione di alcunché. L'art. 1815 c.c. fa chiaro e preciso riferimento agli interessi corrispettivi ("il mutuatario deve corrispondere"), e fa appunto richiamo all'art. 1284 c.c., che concerne la determinazione degli interessi di cui all'art. 1282 c.c.. Agli interessi corrispettivi va dunque riferita la anche la previsione del secondo comma dell'art. 1815 c.c. cit., che fa del resto richiamo della nozione di interessi usurari di cui al cit. art. 644 c.p., come visto riferita agli interessi con funzione remuneratoria. L'art. 1, D.L. n. 394 del 2000, conv. L. n. 24 del 2001 - che stabilisce che "si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo " - è norma di interpretazione autentica degli artt. 644 c.p. e 1815 c.c., e pertanto può solo precisare il significato delle citate disposizioni, ma non può avere portata innovativa, aggiungendo gli interessi moratori che invece, e come visto, si pongono chiaramente al di fuori del perimetro semantico delle norme oggetto di interpretazione autentica".

    Ed ha aggiunto che " ... l'inapplicabilità del regime dell'usura oggettiva agli interessi di mora trova fondamento anche sul piano logico e sistematico, il che assume valore dirimente. Occorre infatti considerare che, allo stato della vigente normativa, non è possibile procedere ad una valutazione del carattere usurario o meno degli interessi di mora mediante un loro raffronto con il tasso soglia, giacché le rilevazioni trimestrali della B.I. in base alle quali si ricava il cd. tasso soglia - tramite l'applicazione delle previste maggiorazioni - sono condotte con esclusivo riferimento ai tassi degli interessi corrispettivi, trattandosi del dato più agevolmente osservabile e rinvenibile sul mercato quale corrispettivo globale del credito in relazione alle diverse tipologie di operazioni. In tal senso, il cd. tasso soglia, quale parametro di raffronto oggettivo sulla base del quale verificare quando gli interessi "sono sempre usurari" (art. 644, co. 3 c.p.), mantiene una sua intrinseca validità solo in relazione al tasso degli interessi corrispettivi, mentre la perde in relazione al tasso degli interessi moratori; infatti, pretendendo di verificare l'usurarietà oggettiva del tasso degli interessi di mora parametrandolo al tasso soglia, si darebbe luogo ad un'operazione di raffronto tra valori del tutto disomogenei e, dunque, priva di logica, venendo così meno la stessa possibilità di dedurre la ricorrenza di una usura di carattere oggettivo in coerenza con la premessa in base alla quale si opera tale deduzione. Tale conclusione trova sostegno nella recente sentenza Cass. n. 12965 del 2016, nella quale il giudice di legittimità si è occupato dell'affine questione della inclusione nel tasso effettivo globale medio (tegm) della commissione di massimo scoperto, e dunque della questione della metodologia da impiegare, nei singoli casi concreti, nell'individuazione del teg da raffrontare al tasso soglia. Della citata pronuncia è il caso di riportare il seguente significativo passaggio: "Pari persuasività, rilevante ai fini della decisione cui è chiamato il Collegio, va poi ascritta alla tesi che sostiene la necessità di utilizzare, nella rilevazione dei tassi usurari, dati tra loro effettivamente comparabili. Come osservato in dottrina, la fattispecie della cd. usura oggettiva (presunta), o in astratto, è integrata a seguito del mero superamento del tasso-soglia, che a sua volta viene ricavato mediante l'applicazione di uno spread sul TEGM; posto che il TEGM viene trimestralmente fissato dal Ministero dell'Economia sulla base delle rilevazioni della B.I., a loro volta effettuate sulla scorta delle metodologie indicate nelle più volte richiamate Istruzioni, è ragionevole che debba attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del TEGM e quella di calcolo dello specifico TEG contrattuale. Il giudizio in punto di usurarietà si basa infatti, in tal caso, sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell'ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione), sicché - se detto raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo - il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato " (così al punto 13 della sentenza Cass. n. 12965 del 2016 in parola)".

    Ed ancora, a parere del Tribunale, "..L'incongruenza logica e sistematica del raffronto dell'interesse moratorio coi tassi soglia trova ulteriore conforto nell'art. 1284, co. 4 c.c. - come introdotto dal D.L. n. 132 del 2014, conv. L. n. 162 del 2014 - che, in assenza di pattuizione, prevede in via legale un tasso di mora, applicabile a seguito di proposizione di domanda giudiziale, pari al tasso stabilito per i ritardi nelle transazioni commerciali di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, tasso che per diverse tipologie contrattuali risulta essere superiore ai tassi soglia previsti nella disciplina dell'usura oggettiva; il potenziale conflitto tra i due impianti normativi può essere agevolmente superato secondo criteri di ragionevolezza e logica, non potendosi ritenere illecito lo stesso tasso stabilito dal legislatore, là dove al contempo non appare consentito affermare che, in relazione a rapporti contrattuali perfettamente equiparabili sotto i profili oggettivo e soggettivo (nel settore in considerazione, i contratti bancari di vario tipo conclusi tra banca e cliente), solo il tasso di mora stabilito dal legislatore, e non anche quello stabilito per volontà negoziale, sia da ritenersi lecito quantunque superiore ai tassi soglia".

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