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Divieto di anatocismo ed usura: il Tribunale di Bologna ribadisce la non immediata cogenza della disciplina dettata dal novellato art. 120 TUB e la vincolatività delle Istruzioni della Banca d'Italia

  • Autore:

    G. MANTOVANO

  • Provvedimento:

    Tribunale di Bologna Sez. III, Sent., 26-06-2017, est. Dr.ssa A. Arceri

Divieto di anatocismo ed usura: il Tribunale di Bologna ribadisce  la non immediata cogenza della disciplina dettata dal novellato art. 120 TUB e la vincolatività delle Istruzioni della Banca d'Italia

Riportiamo un interessante stralcio della sentenza del Tribunale di Bologna Sez. III, Sent., 26-06-2017, est. Dr.ssa A. Arceri, che si sofferma, tra l’altro, sul valore vincolante delle Istruzioni della Banca d’Italia nella normativa anti-usura e, in tema di divieto di anatocismo, sulla portata precettiva della legge di stabilità del 2014.

In ordine alla vincolatività delle Istruzioni della Banca d’Italia, la pronuncia afferma (il corsivo ed il grassetto sono a cura dello Studio):

“Secondo la giurisprudenza di merito più autorevole e che in questa sede si condivide, le istruzioni della B.D. hanno valore vincolante e non possono adottarsi formule di calcolo differenti per la contestazione di usurarietà; invero, "le contestazioni di usurarietà del rapporto fondate su formule di calcolo differenti da quelle adottate dalla B.D. per la rilevazione dei Tassi Effettivi Globali Medi non sono attendibili e, pertanto, rendono inammissibile in quanto esplorativa una consulenza tecnica d'ufficio di tipo contabile" (Trib. Milano 23.12.2014). D'altro canto, "L'osservanza, da parte degli operatori creditizi, dei tassi soglia individuati secondo le rilevazioni effettuate dalla B.D. deve ritenersi automaticamente rispettosa del precetto penale di cui all'art. 644 c.p. Una diversa interpretazione, infatti - seppur avallata da qualche pronuncia della Cassazione Penale - appare lesiva del principio nullum crimen sine lege, posto che la norma incriminatrice dell?art. 644 c.p. si implementa contenutisticamente della regola via via enucleata dai decreti ministeriali di recepimento delle menzionate rilevazioni dell'istituto di vigilanza. In via transitoria, la soglia usuraria soggiace alla metodica di rilevazione fissata in precedenza dai decreti ministeriali recettivi delle rilevazioni trimestrali dalla B.D." (Tribunale di Verona 9.12.2013) e, inoltre, "Le Istruzioni della B.D. in materia di rilevazione del Tasso Effettivo Globale, oltre a rispondere alla elementare esigenza logica e metodologica di avere a disposizione dati omogenei al fine di poterli raffrontare, hanno anche natura di norme tecniche autorizzate" (Tribunale di Milano, 03.06.2014 n. 7234)”.

Sul tema del divieto di anatocismo e sulla non immediata cogenza, a seguito della entrata in vigore della legge di stabilità del 2014

Con riferimento, poi, alla pretesa illegittimità della applicazione di interessi anatocistici a far tempo dall'entrata in vigore della citata legge di stabilità del 2014, sul presupposto della immediata portata precettiva della stessa, il Tribunale osserva che, come affermato dalla maggioritaria giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Roma 20/10/2015; Trib. Milano 30/6/2015; Trib. Biella 7/7/2015), il novellato art. 120 TUB, sia pure con formulazione quantomeno imprecisa e, in ogni caso, suscettibile di esegesi diverse e, tra di loro, non del tutto compatibili, sembra effettivamente aver introdotto nell'ordinamento giuridico statale il divieto di anatocismo, ovverosia, di produzione di interessi sugli interessi. A tale conclusione, in linea di principio condivisibile, si perviene attraverso un processo di ortopedia giuridica che prevede la sostituzione, al comma II, lett. b), delle espressioni "interessi capitalizzati" e "operazioni di capitalizzazione" con quelle "interessi contabilizzati" e "operazioni di contabilizzazione", apparentemente più coerenti sia alla volontà del legislatore così come manifestata nel corso dei lavori preparatori, sia alla restante disciplina dettata dalla norma in esame, e, più precisamente, a quella che stabilisce che gli interessi non possono produrre interessi ulteriori e che impone di calcolare gli interessi annotati in conto solo sul capitale. Del resto, il superiore assunto sembra oggi trovare ancor più chiara conferma nella recente introduzione dell'art. 17-bis al D.L. 14 febbraio 2016, n. 18, recante, tra l'altro, misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, non ancora convertito in legge, il quale modifica l'art. 120 TUB, in materia di anatocismo bancario, nel modo seguente : "Al comma 2 dell'articolo 120 del D.Lgs. 10 settembre 1993, n. 385, le lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti: "a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b) gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: i) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1o marzo dell'anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; ii) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l'addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l'autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l'addebito abbia avuto luogo."

"Detto questo, resta, in ogni caso, da valutare se, come statuito da una parte della giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Roma 20/10/2015; Trib. Milano 30/6/2015), il divieto così introdotto possa ritenersi immediatamente operativo, ovvero, se, come affermato da altra parte della giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Torino 16/6/2015; Trib. Torino 5/8/2015), la sua entrata in vigore sia subordinata all'adozione da parte del CICR della delibera evocata dal comma 1 del citato art. 120 TUB. Orbene, come argomentato dalla giurisprudenza di questo Tribunale (ex multis, Trib. Bologna, 16-25 marzo 2016, est. SALINA), il legislatore ha introdotto un divieto di anatocismo "regolamentato", affidando espressamente al competente comitato interministeriale l'adozione di una delibera che disciplini modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria. Pertanto, una siffatta riserva ha lasciato invariata la portata del divieto così introdotto dalla normativa primaria e attribuisce alla normativa secondaria il solo compito di regolarne i tempi e le modalità di attuazione, anche al fine di evitare situazioni di assoluta deregulation e, quindi, di arbitraria o anche solo diversificata disciplina dell'istituto de quo, in un settore così delicato quale è quello del credito bancario, nonché ingiustificate disparità di trattamento o, comunque, differenti ed inique applicazioni di detto divieto tra i diversi consumatori ed utenti, non tutti necessariamente esposti al fenomeno della capitalizzazione degli interessi passivi. La necessità di una precisa regolamentazione del predetto divieto in tutti i suoi aspetti ed implicazioni, prima della sua effettiva entrata in vigore, sembra altresì trovare giustificazione anche in esigenze di armonizzazione della nuova e ben più rigorosa disciplina nazionale con quella in vigore nel resto dell'UE che, invece, consente detta pratica bancaria, da realizzarsi attraverso direttive e prescrizioni che scongiurino situazioni contraddittorie e non conciliabili soprattutto tra operatori del sistema creditizio nazionale, soggetti al nuovo divieto, e quelli esteri, ma attivi sul territorio dello Stato, la cui normativa nazionale di riferimento, come detto, permette la capitalizzazione degli interessi. La necessità, per le ragioni sopra esposte, di dare una specifica e preventiva regolamentazione all'attività bancaria con riferimento al fenomeno dell'anatocismo in ogni suo aspetto, non può non determinare lo slittamento dell'entrata in vigore del predetto divieto fino al momento in cui il complesso e progressivo iter normativo delineato dal legislatore non sia giunto a conclusione, appunto, con l'adozione della menzionata delibera del CICR che preciserà le modalità, non meramente contabili, di concreta attuazione di un divieto, la cui ampiezza ed assolutezza non sembrano evincersi in modo netto e chiaro neppure dalla disposizione in commento. Del resto, anche in occasione della precedente modifica dell'art. 120 TUB operata con D.Lgs. n. 342 del 1999, si era pacificamente affermato che l'entrata in vigore della nuova normativa, che, in quel caso, sanciva la legittimità dell'anatocismo bancario alle specifiche condizioni ivi previste, era differita fino all'adozione di apposita delibera da parte del CICR, come noto, poi emanata in data 9/2/2000. Affermare, quindi, una cogenza immediata del divieto di anatocismo introdotto dalla legge di stabilità del 2014, diversamente da quanto avvenuto nel recente passato sempre in subiecta materia, comporterebbe una ingiustificata sperequazione giuridica tra gli istituti di credito e gli altri soggetti interessati a detto fenomeno, ma anche, come detto, tra gli stessi utenti del sistema bancario, i quali, non essendo tutti debitori e negativamente esposti alla capitalizzazione degli interessi passivi, potrebbero, in quanto creditori, essere, invece, ben favorevoli all'applicazione di detto istituto relativamente agli interessi attivi. Né vale sostenere, in contrario, che l'operatività non immediata del divieto de quo cristallizzerebbe una situazione di illegittimità, rendendo persistenti i suoi effetti negativi e pregiudizievoli. Infatti, tale assunto muove dal presupposto, non condivisibile, che l'anatocismo sia, di per sé, una pratica illegittima.A confutazione di tale assunto è sufficiente evidenziare come il predetto istituto, oltre che praticato ordinariamente in altri Paesi dell'UE, trovi generale regolamentazione anche nel nostro ordinamento giuridico attraverso il tuttora vigente art. 1283 c.c. che, sia pur in presenza di determinati presupposti, ne sancisce la piena legittimità. Le considerazioni che precedono circa la non immediata cogenza della disciplina dettata dal novellato art. 120 TUB, sembrano, altresì, trovare conforto nella disciplina contenuta nell'art. 161 TUB. Infatti, il novellato art. 120 TUB determina l'abrogazione della previgente disciplina in materia di anatocismo bancario (D.Lgs. n. 342 del 1999; Del.CICR 9 febbraio 2000) e, inoltre, sembra favorire una sorta di reviviscenza del disposto di cui all'art. 1283 c.c. che, come detto, prevede, in generale, la possibilità della capitalizzazione degli interessi sia pure alle condizioni ivi espressamente indicate."

 

 

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