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Per il Tribunale di Milano è impossibile effettuare una valutazione di usurarietà oggettiva degli interessi moratori in assenza del parametro di riferimento

  • Fonte:

    www.leggiditaliaprofessionale.it

  • Autore:

    G. MANTOVANO

Per il Tribunale di Milano è impossibile effettuare una valutazione di usurarietà oggettiva degli interessi moratori in assenza del parametro di riferimento

Interessante sentenza (depositata il 21 giugno 2017) del Tribunale di Milano, sez. XII civ., G.I., L. Orsenigo.

Oggetto di analisi un contratto di locazione finanziaria in relazione al quale gli attori (…. s.r.l. e  X , nella sua qualità di amministratore unico e fideiussore )  avevano dedotto il carattere usurario degli interessi  pattuiti sul rilievo che nel contratto era stato previsto un tasso annuo nominale del 5,50 % (con previsione di indicizzazione dei canoni al tasso Euribor 3 mesi con valore base del parametro di riferimento pari a 4,502%) ed un tasso di mora corrispondente al Tasso Soglia Usura (pari al 10,23%); che, peraltro, ricalcolando il tasso di  mora considerando le spese collegate all'accesso del credito, il tasso di  mora  avrebbe superato il Tasso Soglia  Usura  di cui alla L. n. 108 del 1996 (in quanto il tasso di  mora  ricalcolato sarebbe stato pari al 10,38% e di conseguenza in  usura  poiché oltre la soglia prevista del 10,23%).

Il Tribunale ambrosiano ha ritenuto infondate le doglianze di parte attrice, statuendo che:

  • l'eventuale carattere usurario degli  interessi  di  mora  determinerebbe la nullità della sola clausola di determinazione degli  interessi  moratori usurari (che, pertanto, non sarebbero dovuti) ma sarebbero comunque dovuti gli  interessi  corrispettivi, se rispettosi del tasso soglia;
  • al fine della verifica del rispetto del tasso soglia non andrebbero cumulati il tasso di interesse corrispettivo ed il tasso di interesse moratorio, trattandosi di una prospettazione che muove da un equivoco insorto su una fuorviante lettura della nota sentenza della Cassazione n. 350/2013, laddove tale sentenza, lungi dall'aver affermato tale principio, ha, piuttosto, essenzialmente ribadito il principio secondo cui "si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi o convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori";
  • gli interessi moratori devono ritenersi esclusi dal calcolo del TEG atteso che gli stessi sono dovuti solo in seguito ad un eventuale inadempimento dell'utilizzatore e non costituiscono il corrispettivo dell'erogazione del credito ma svolgono una funzione risarcitoria collegata al mancato pagamento del canone alle scadenze stabilite;
  • del pari, ove, in ipotesi, si volesse fare una verifica di usurarietà del tasso di interesse moratorio rispetto al TSU di cui alla L. n. 108 del 1996, andrebbe comparato a detto TSU il solo tasso di interesse moratorio contrattuale autonomamente considerato, e, quindi, senza l'aggiunta delle spese collegate all'erogazione del credito (che, invece, rilevano ai fini della determinazione del TEG contrattuale);
  • è infondata la domanda di condanna alla restituzione di somme pagate a titolo di interessi, ove si consideri che nel caso, il criterio di determinazione degli interessi moratori è stato pattuito in modo tale da far corrispondere gli interessi moratori al c.d. tasso soglia usura, sì da non poter essere gli stessi usurari; che, comunque, parte attrice non ha nemmeno dedotto di aver pagato alcun importo a titolo di interessi moratori; che, pertanto, la quota interessi, per la quale è stata svolta domanda di condanna alla restituzione, sarebbe stata pagata, in base ad una valida clausola contrattuale, a titolo di interessi corrispettivi nel corso della regolare esecuzione del contratto;
  • l'assunto di usurarietà degli  interessi  moratori pattuiti per superamento del TSU è ulteriormente infondato anche per l'impossibilità stessa di effettuare, in base all'ordinamento positivo vigente, una valutazione di usurarietà oggettiva degli  interessi  moratori in assenza del parametro di riferimento (che, peraltro, ai sensi dell'art. 1 D.L. n. 394 del 2000, costituisce "il limite stabilito dalla legge");
  • pur essendo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (nonostante la diversa funzione di  interessi  corrispettivi e moratori) consolidata nel ritenere l'assoggettabilità anche degli  interessi  moratori alla disciplina in materia di  usura , tuttavia va considerato che il parametro oggettivo del Tasso Soglia  Usura  come introdotto dalla L. n. 108 del 1996 (quale soglia oltre la quale "scatta" in sede civile come penale la usurarietà del tasso contrattualmente negoziato) è determinato sulla base della rilevazione trimestrale del T.E.G.M. effettuata dalla B.D. secondo le indicazioni e le prescrizioni impartite dal Ministero delle Finanze; che è pacifico che tali prescrizioni (e le conseguenti rilevazioni statistiche) abbiano sempre preso in considerazione esclusivamente i tassi di interesse corrispettivo e non quelli di interesse moratorio; che, pertanto non è possibile confrontare la pattuizione relativa agli  interessi  di  mora  con il Tasso Soglia  Usura  così determinato al fine di farne derivare una valutazione di usurarietà in termini oggettivi degli  interessi  moratori; che, in conclusione, in base alla legislazione vigente, la possibilità di sottoporre a vaglio di usurarietà anche gli  interessi  moratori non può che essere circoscritta alla dimensione soggettiva dell' usura  così come ricavabile dalla disciplina penalistica dell'istituto, fatta salva la possibilità di inquadramento della pattuizione di  interessi  moratori nell'ambito della clausola penale (quale predeterminazione forfettaria del risarcimento dovuto per il ritardo nell'esecuzione di un'obbligazione pecuniaria) con conseguente applicazione della relativa disciplina;
  • la stessa Cassazione, con recente sentenza, ha riconosciuto come persuasiva la "tesi che sostiene la necessità di utilizzare, nella rilevazione dei tassi usurari, dati tra loro effettivamente comparabili", e, ciò, sul rilievo che è ragionevole che debba attendersi simmetria tra la metodologia di calcolo del TEGM e quella di calcolo dello specifico TEG contrattuale. Il giudizio di usurarietà si basa infatti, in tal caso, sul raffronto tra un dato concreto (lo specifico TEG applicato nell'ambito del contratto oggetto di contenzioso) e un dato astratto (il TEGM rilevato con riferimento alla tipologia di appartenenza del contratto in questione), sicché - se detto raffronto non viene effettuato adoperando la medesima metodologia di calcolo - il dato che se ne ricava non può che essere in principio viziato" (Cass. 22/6/2016 n. 12965);
  • l'indicazione del TAEG (o ISC) non era obbligatoria nel contratto di leasing per cui è causa, trattandosi di un parametro necessario solo per i contratti di credito al consumo;
  • a norma dell'art. 9 co.2 della Del. CICR del 4 marzo 2003 nonché del provvedimento di B.D. del 25 luglio 2003, non è previsto alcun obbligo di indicare l'I.S.C. nei contratti di leasing finanziario.

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In argomento, in senso conforme cfr. anche Trib. Milano,  VI sez. civ., G.I. , F. Ferrari, sentenza n. 16873 del 16.02.2017, in www.ilcaso.it , secondo cui " ... ad oggi una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori risulta preclusa dalla mancanza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare. Nè il problema potrebbe essere superato invocando la rilevazione condotta dalla Banca d’Italia nel 2001 con riferimento ai tassi di interesse moratori praticati sul mercato; l’Istituto di vigilanza bancaria, infatti, anche con la propria Circolare del 3.7.2013, ha fatto richiamo a tale rilevazione, ricordando come fosse stato verificato come in media gli interessi moratori fossero pattuiti in misura maggiorata di 2,1 punti percentuali rispetto ai tassi medi concordati per gli interessi corrispettivi. Sennonchè detta rilevazione, oltre a essere “ufficiosa”, in quanto condotta in assenza di una istruzione in tal senso disposta dal Ministero delle Finanze in attuazione a quanto dettato dalla Legge 108/1996,non solo non può considerarsi neppure scientificamente attendibile, non essendo conosciute le modalità di rilevazione statistica utilizzate e, al contrario, risultando essere stata condotta attraverso l’acquisizione di dati a campione, ma soprattutto risale a oltre dieci anni fa, senza essere stata aggiornata e rivisitata trimestralmente, come invece preteso dal legislatore. In sostanza, quindi, anche la soluzione di raffrontare il tasso degli interessi moratori con un tasso soglia specifico costruito con riferimento agli interessi di mora, se dal punto di vista logico matematico risulta sicuramente più condivisibile, non trova comunque giustificazione sul piano propriamente giuridico per il carattere “privato” del tasso di riferimento preso in esame per il raffronto. Deve, pertanto, concludersi che, sino a quando non verrà commissionata dal Ministero delle Finanze una rilevazione di un TEGM specifico per gli interessi di mora, per questi ultimi non risulti possibile procedere a una qualificazione in termini “oggettivi” dell’interesse usurario, ferma restando la possibilità che tali interessi possano essere riconosciuti comunque come usurari in chiave soggettiva, ossia là dove, richiamando quanto dettato dall’art. 644 c.p., si dimostri che detti interessi siano stati pattuiti in termini tali da creare una sproporzione delle prestazioni, con approfittamento delle condizioni di difficoltà economiche e finanziarie del debitore (ipotesi neppure dedotta da parte attrice)".

In tema Trib. Milano, sez. XII civ., sentenza 29 novembre 2016, n.13719, G.I., C.A. Tranquillo, in www.expartecreditoris.it, rileva che il T.E.G.M., sulla cui base viene individuato il tasso soglia, non viene calcolato facendo riferimento ai tassi d’interesse moratori, ma solo a quelli corrispettivi. "Ne consegue che estenderlo puramente e semplicemente anche agli interessi moratori finirebbe per dare vita ad una interpretazione della normativa antiusura priva di base normativa, censurabile ex art. 3 Cost. in quanto: 1) applicherebbe la legge in difetto dei necessari provvedimenti di sostanziale attuazione all’ipotetica volontà del legislatore (i.e. la determinazione del tasso soglia di mora); 2) omologherebbe situazioni diverse violando il principio di eguaglianza di trattamento, del quale è corollario l’illegittimità di disciplinare allo stesso modo situazioni in realtà diverse; 3) ricollegherebbe una sanzione calcolata su determinati presupposti fattuali ad una fattispecie relativa a ben altri elementi costitutivi".

Anche Trib. Varese, sez.I civ., sentenza n.1354/2016, G.I., A. Longobardi, in www.ilcaso.it , afferma che " ...quanto meno ad oggi una verifica in termini oggettivi del carattere usurario degli interessi moratori risulta preclusa dalla mancanza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare, con l'effetto che la contestazione attorea riferita alla previsione in contratto di un tasso moratorio superiore al Tasso soglia non possa essere risolta sic et simpliciter qualificando il primo come oggettivamente usurario. Nè il problema potrebbe essere superato invocando la rilevazione condotta dalla Banca d'Italia nel 2001 con riferimento ai tassi moratori praticati sul mercato". Difatti, "detta rilevazione, oltre a essere “ufficiosa”, in quanto condotta in assenza di una istruzione in tal senso disposta dal Ministero delle Finanze in attuazione a quanto dettato dalla Legge 108/1996,non solo non può considerarsi neppure scientificamente attendibile, non essendo conosciute le modalità di rilevazione statistica utilizzate e, al contrario, risultando essere stata condotta attraverso l’acquisizione di dati a campione, ma soprattutto risale a oltre dieci anni fa, senza essere stata aggiornata e rivisitata trimestralmente, come invece preteso dal legislatore". 

Al contrario, Trib. Padova, 13 Gennaio 2016. Est. Bertola, in www.ilcaso.it, rileva che l'aumento della mora media rilevata dalla Banca d'Italia con un delta del 2,10% consente di far fronte al fatto che il tasso di mora non viene rilevato dai decreti trimestrali ministeriali e di rendere confrontabile l'interesse di mora medio con il tasso corrispettivo medio soglia usura. 

Con riferimento alla giurisprudenza che ha ritenuto che l’interesse moratorio vada sottoposto ad un giudizio autonomo di usurarietà, da effettuarsi confrontando il relativo tasso con il tasso soglia maggiorato di 2,1% punti percentuali, che poi è esattamente la media rilevata dalla Banca d’Italia delle maggiorazioni praticate a valle dagli istituti di credito per il caso di inadempimento, come evidenziato dalla stessa Autorità di Vigilanza nella nota di chiarimento in materia di applicazione delle legge antiusura del 3 luglio 2013, cfr. anche Trib. Catania, Sez. IV, 7 febbraio 2017, Est. G. MARINO, in leggiditaliaprofessionale.it ; Trib. Milano, 3 dicembre 2014, n. 14394, in www.ilcaso.it; Trib. Padova, 27 Gennaio 2015, Est. C. ZAMBOTTO, in www.ilcaso.it; Trib. Pescara, 30 Aprile 2015, Est. D. CAPEZZERA,  in www.ilcaso.it.; Trib. Lanciano, Est. C. G. CORDISCO, 16 marzo 2016, n.127, in Ex partecreditoris.it

 

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