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Per la Suprema Corte, a fronte dell'inadempimento dell'intermediario, l'investitore può agire per la risoluzione dei singoli ordini di investimento

  • Fonte:

    www.fallimentiesocieta.it

  • Autore:

    G. MANTOVANO

  • Provvedimento:

    Cass., sez. I civ., 24 febbraio 2017, n. 12937, (dep. 23 maggio 2017). Relatore: A.A. Dolmetta

Per la Suprema Corte, a fronte dell'inadempimento dell'intermediario, l'investitore può agire per la risoluzione dei singoli ordini di investimento

Con la sentenza n. 12937 dep. il 23 maggio 2017, la I sez. civ. della Suprema Corte, est. A.A. Dolmetta, ha affermato il principio di diritto per cui "a fronte dell'inadempimento dell'intermediario degli obblighi imposti dalla normativa di legge e di regolamento Consob, l'investitore, contraente non inadempiente, ben può agire per la sola risoluzione dei singoli ordini di investimento nei quali il detto inadempimento si è consumato, fermo comunque restando il necessario riscontro che trattasi, in concreto, di inadempimento di non scarsa importanza rispetto all'ordine per il quale si è verificato".

Più in dettaglio, in motivazione la sentenza rileva che:

"La giurisprudenza recente di questa Corte ha espresso con nettezza un orientamento ormai stabile, che si manifesta favorevole alla separata risolubilità di singoli ordini di investimento. Si attestano, in modo particolare, lungo questa direzione le sentenze pronunciate da Cass., 27 aprile 2016, n. 8394; da Cass., 18 maggio 2016, n. 10161; da Cass., 9 agosto 2016, n. 16820; come pure, e anzi con chiarissimi segni impostativi, l'ordinanza emessa da Cass., 19 maggio 2014, n. 23717.

A tale indirizzo il Collegio ritiene di dovere dare ulteriore continuità. Secondo i termini che qui di seguito vengono esposti.

6.- Le pronunce appena sopra richiamate correttamente rilevano che, nella materia dello svolgimento in concreto dei servizi di investimento, l'inadempimento degli obblighi gravanti sull'intermediario ben "può giustificare tanto la risoluzione del contratto quadro quanto quella dei singoli ordini, ovviamente nella misura in cui, per la sua importanza, si riveli idoneo a determinare un'alterazione dell'equilibrio contrattuale" (la frase è tratta da Cass. n. 16820/2016, che a sua volta si richiama in modo espresso al precedente di Cass., n. 23717/2014). Ricorrendone i presupposti, l'investitore, nella sua veste di contraente non inadempiente, può cioè indirizzare l'azione, a seconda del suo interesse, nel senso della caducazione dell'intero rapporto con l'intermediario o nel senso invece della sola caducazione di talune parti dello stesso.

Tale possibilità non deriva - è importante osservare qui - dalla sussistenza di una speciale normativa di protezione dell'investitore o di favore per il medesimo. Discende, piuttosto, da un'indicazione che trova la sua fonte di base nelle regole proprie del comune diritto contrattuale.

Nei rapporti contrattuali di carattere complesso, con prestazioni dotate di individualità funzionale e/o giuridica o comunque con prestazioni non intrinsecamente inscindibili, l'inadempimento di una delle prestazioni o di una parte delle prestazioni ben può non venire a incidere sull'interesse del contraente non inadempiente a conservare le utilità che il relativo contratto gli ha già procurato o che comunque è idoneo a procurargli (su questo punto generale v. gli argomentati rilievi, con annesse sottolineature normative delle disposizioni di cui agli artt. 1458, 1181, 1464, 1480 e 1484 c.c., portati da Cass., 13 dicembre 2010, n. 25157).

In situazioni del genere, qualora il contraente inadempiente (nella specie, l'intermediario) potesse opporre a quello non inadempiente (qui, l'investitore) la "necessità" della risoluzione totale, "verrebbe illegittimamente a spostarsi la facoltà di scelta, di cui all'art. 1453 cod. civ., dalla parte adempiente a quella inadempiente o ad alterarsi la stessa portata della disposizione normativa" (così, sempre in termini di approccio generale, già la lontana pronuncia di Cass., 23 gennaio 1959, n. 176).

In altri termini, condizionare nella specie la caducazione dei singoli ordini alla caducazione dell'intero rapporto (altrimenti detto, al contratto quadro) implica far perdere al contraente non inadempiente, quale è qui l'investitore, le utilità che pur il rapporto gli ha arrecato, per transitarle a vantaggio del contraente inadempiente, quale qui rappresentato dall'intermediario. Non sembra dubbio, per contro, che in situazioni del genere a risultare meritevole di protezione sia il contraente non inadempiente e non già quello che, per contro, si è macchiato di inadempimento. Secondo quanto d'altro canto conferma in modo univoco la già citata norma generale dell'art. 1181 c.c., là dove rimette al creditore il potere di conservare o meno le utilità comunque derivantegli dalla pur inesatta prestazione del proprio debitore.

7.- Ciò posto, al fine di sgombrare il campo da ogni possibile equivoco è bene pure puntualizzare, che - con riferimento allo svolgimento effettivo dei servizi di investimento, come pure riguardo alla fattispecie che nel concreto è stata posta al vaglio di questa Corte - quanto l'investitore, quale attore in risoluzione, imputa all'intermediario non è il cattivo esito di un dato investimento, bensì l'inadempimento degli obblighi, cui quello è tenuto per legge e per regolamento Consob, con riferimento (anche) a quel dato investimento.

Resta dunque per definizione esclusa, per il tema che viene qui in esame, ogni eventuale rilevazione che pretenda di porre a confronto - e apprezzare in termini di equilibrio sinallagmatico o corrispettivo o anche solo equitativo - il peso degli investimenti con esito negativo con quello degli investimenti di esito invece positivo.

In realtà, l'esito, che nel concreto ha riscosso un ordine di investimento e la sua realizzazione, viene a rilevare unicamente come misura dell'interesse che l'investitore, nella sua posizione di contraente non inadempiente, può venire a nutrire nei confronti della caducazione di uno (o più) degli ordini dati. Ben può capitare, in effetti, che - pur nel verificarsi di inadempimento dell'intermediario l'investimento riscuota comunque esito positivo; come pure può capitare, ovviamente, che il cattivo esito di un investimento non sia preceduto da nessun inadempimento dell'intermediario.

8.- Così fissate le coordinate di base della materia, si deve adesso transitare all'analisi della struttura negoziale che - in ragione della vigente normativa di legge e regolamento - risulta propria dello svolgimento dei servizi di investimento.

Ora, la complessità, che si manifesta caratteristica dello svolgimento di tale servizio, non risulta integrata da sezioni reciprocamente estranee e contrapposte tra loro: da un lato, il polo del contratto quadro; dal lato opposto, i singoli ordini. La stessa alternativa, spesso rappresentata in letteratura, che ai fini della tematica della risoluzione viene mettere a confronto il contratto quadro, inteso nei termini di un blocco monolitico, e i singoli ordini, a loro volta costruiti come moltitudine di frammenti dispersi, si rivela fallace.

Si tratta, in realtà, di una struttura negoziale articolata secondo una sequenza che - in ragione di un razionale disegno di ispirazione unitaria e inteso, questo sì, a proteggere la posizione dell'investitore (nello sviluppo del principio costituzionale di tutela del risparmio di cui all'art. 47 Cost.) - viene a svolgersi lungo più fasi in consecuzione tra loro.

9.- In questa composta struttura e nel perseguimento della detta funzione, il contratto quadro assolve la funzione di gettare le base per la futura operatività del rapporto.

Nel senso che lo stesso, in particolare, dispone gli obblighi di informazione specifica sull'investitore (c.d. informazione passiva), che sono di subitanea attuazione. E inoltre dispone l'assunzione, o interiorizzazione negoziale, degli obblighi di informazione attiva e adeguatezza circa le singole operazioni, che discendono dalle prescrizioni di legge (art. 21 e ss. TUF) e di regolamento Consob (come si è opportunamente rilevato, "i doveri di informazione attiva... hanno fonte nella legge, ma sono da questa incorporati per via di integrazione nel contenuto tipico del contratto"). E così pure viene a disporre, ancora, una sequenza ordinante dell'ulteriore agire operativo del rapporto concreto: così conformando, e insieme imponendo, lo schema di azione che ciascun ordine dovrà poi rispettare in termini di rigoroso vincolo; secondo una linea che, si è già ricordato, risulta conformata nella funzione di protezione della posizione dell'investitore.

Tutto questo non può far dimenticare, però, che la funzione del contratto quadro, ovvero la sua causa negoziale, è quella di fare (per l'investitore) e di far fare (per l'intermediario) degli investimenti. L'eventualità di confinarlo senza residui nello schema del semplice contratto normativo trascura che, nella realtà normativa, come pure operativa, la sua stipulazione importa tra gli altri, anche il compito dell'intermediario di segnalare e proporre all'investitore l'opportunità di effettuare degli investimenti: secondo i termini organizzativi e contenutistici che per l'appunto si trovano prescritti da legge e regolamento. Nonchè il compito di dare risposta adeguata, e secondo le ridette prescrizioni, alle richieste dell'investitore.

10.- Quanto appena rilevato non spiega, per la verità, solo la ragione per cui l'assenza, in una fattispecie concreta, del contratto quadro implica l'invalidità degli ordini che nel caso si siano susseguiti, per ciò stesso risultanti propriamente acefali (cfr., per tutte, Cass. 11 aprile 2016, n. 7068). Indica altresì come i singoli ordini di investimento, concretamente verificatisi, si pongano all'interno della struttura fissata dal contratto quadro, nell'alveo tracciato dallo stesso.

Il che vale a escludere in radice la possibilità di racchiudere la fase logica (ben più che cronologica), che va dalla stipulazione del contratto quadro all'emissione dei singoli ordini, nell'ambito dell'agire precontrattuale (e della conseguente responsabilità), secondo una prospettiva in sè davvero irrealistica. Chè l'assolvimento degli obblighi di informazione attiva e di adeguatezza costituisce proprio il ponte - endocontrattuale, all'evidenza (cfr. appena sopra, la fine del n. 9) - di passaggio tra la funzione di investimento, come resa dal contratto quadro, e i singoli investimenti, come inevitabilmente espressi dai singoli ordini: in questa "cinghia di trasmissione" consistendo propriamente la protezione sostanziale che il sistema vigente viene ad assicurare all'investitore.

Nei fatti, gli obblighi di informazione attiva e di adeguatezza, una volta fissati dal contratto quadro, non possono risultare operativi che nel momento della proposta e dell'esame dei singoli investimenti, focalizzandosi rispetto a specifici e distinti strumenti e prodotti finanziari: l'operatività - e dunque la rilevanza effettiva - degli obblighi stessi non potendo trovare sfogo se non in funzione dei singoli investimenti dei singoli ordini e rispetto al contenuto volta a volta specifico che questi ultimi presentano nel concreto.

11.- La consecutiva fase dei singoli ordini è stata definita nei termini di fase "attuativa" del rapporto (questa è la nota formulazione adottata dalle sentenze di Cass. SS.UU. 19 dicembre 2007, n. 26724 e n. 26725).

Di certo, la stessa non potrebbe essere considerata come non dipendente dal contratto quadro; certo è pure, peraltro, che la stessa non potrebbe essere definita, o intesa, come fase di mera esecuzione - o comunque di esecuzione meccanica e ripetitiva - del rapporto, secondo l'avviso che per contro è stato manifestato, nel contesto del presente giudizio, dalla Corte territoriale.

Di questa fase, in realtà, va sottolineata prima di tutto la sua essenzialità, secondo quanto, del resto, è fatto oggettivamente evidente. Ma, soprattutto, va rimarcato come essa rappresenti singolo ordine per singolo ordine - la fase realmente decisionale dell'attività di investimento: decisione che, secondo la protezione dettata dal sistema vigente, deve essere frutto di un lungo itinerario, che è interamente contrattuale.

Si tratta, dunque, della fase che costituisce il nucleo portante, il cuore, di quest'ultima attività: chè qui si concentrano, in particolare, la decisione relativa allo strumento finanziario in cui nel concreto investire; quella inerente alla misura di concreto investimento nello stesso; come pure quella relativa alla scelta dello specifico momento in cui si viene a dare vita reale all'investimento: è qui che si valuta, nel dettaglio, l'opportunità delle condizioni che il mercato offre in quel dato segmento temporale.

Tutto ciò non può non convincere della natura propriamente negoziale di ciascuno dei singoli ordini di investimento - tra loro distinti e autonomi -, come correnti tra investitore e intermediario: chè questa qui riceve, anzi, la sua più intensa espressione. E pure mostra come costituisca una sicura forzatura la riportata osservazione della Corte territoriale, secondo cui gli ordini posseggono "uno schema estremamente semplificato": il rilievo sembrerebbe scambiare, a ben vedere, il numero delle parole adoperate con il peso e valore delle decisioni lì assunte e con l'iter di cui devono essere frutto.

12.- L'effettiva risoluzione di un singolo ordine di investimento rimane subordinata - lo sottolineano con chiarezza le pronunce, più sopra richiamate (nel n. 5), che danno corpo al relativo orientamento giurisprudenziale - all'effettivo risconto, a livello della fattispecie concreta, della non scarsa importanza dell'inadempimento che sia stato posto in essere dall'intermediario. Tale non scarsa importanza dovrà essere valutata, per l'appunto, nello specifico ambito dell'ordine rispetto al quale l'inadempimento medesimo si è venuto a verificare.

La diversa opinione manifestata in proposito dalla Corte territoriale suppone, in realtà, una qualificazione degli ordini come conseguenza pressochè meccanica del contratto quadro, secondo una prospettiva che risulta contraria alla realtà (pure) dei dati normativi. Ovvero si lega, più ancora, a una concezione dello svolgimento in concreto del servizio di investimento, che ingiustificatamente mescola insieme l'inadempimento dell'intermediario con l'esito dell'investimento a cui questo è relativo. E' tuttavia chiaro - lo si è già constatato, e con ampiezza, più sopra (nell'ambito del n. 7) - che il buon esito dell'investimento non elimina l'eventuale inadempimento dell'intermediario, limitandosi a escludere solo la produzione effettiva di un danno patrimoniale.

13.- In definitiva, il primo motivo di ricorso è fondato e va pertanto accolto. ...."

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