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Per la Cassazione il benchmark, pur non vincolante, rappresenta il termine di paragone per valutare l’adeguatezza dell'attività dell'intermediario

  • Autore:

    G. MANTOVANO

Per la Cassazione il benchmark, pur non vincolante, rappresenta il termine di paragone per valutare l’adeguatezza dell'attività dell'intermediario

Riportiamo di seguito uno stralcio di Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-01-2017, n. 24, per la quale:"Il benchmark, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, in ogni caso costituisce un modo per valutare la razionalità e la adeguatezza dell'attività dell'intermediario, giacchè a ogni benchmark associato un rischio, misurato statisticamente dalla volatilità che caratterizza il parametro prescelto a riferimento".

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"Col contratto di gestione di un portafoglio di investimento il cliente conferisce all'intermediario l'incarico di adottare strategie di investimento entro i margini di discrezionalità fissati nel contratto stesso, giacchè i relativi risultati, positivi o negativi, ricadono direttamente sul patrimonio dell'investitore.

Per quanto il contenuto del contratto sia certamente caratterizzato da una certa discrezionalità dell'intermediario nella valutazione delle operazioni da compiere, vi è che tale discrezionalità va coniugata con le linee di gestione scelte e comunque indicate nel contratto.

In questo senso la gestione individuale si distingue dalla gestione collettiva (titolo 3^ del T.u.f.) per il carattere appunto personalizzato, che consente all'investitore di predeterminare, nel contratto, le linee di gestione e di impartire istruzioni vincolanti ai sensi dell'art. 24 del T.u.f..

4. - In ordine al contratto di gestione individuale l'art. 37 del reg. intermediari (testo vigente pro tempore) prescrive l'obbligatoria indicazione delle "caratteristiche della gestione", e tale sintetica espressione si palesa allusiva, ai sensi dei successivi artt. 38 e 39, proprio e tra l'altro delle categorie di strumenti finanziari nelle quali può essere investito il patrimonio gestito.

Il regolamento prescrive poi l'obbligatoria indicazione della tipologia di operazioni suscettibili di essere effettuate (art. 40) e della misura massima della leva finanziaria utilizzabile (art. 41).

Ne consegue che, per delineare le caratteristiche della gestione, assume un ruolo fondamentale proprio il benchmark, definito dall'art. 42 come "parametro oggettivo di riferimento coerente con i rischi a essa connessi al quale commisurare i risultati della gestione".

In altre parole il benchmark rappresenta il termine di paragone per poi valutare l'operato del gestore, sicchè fornisce all'investitore l'elemento essenziale per la valutazione del servizio offerto.

E' vano allora insistere sulla non vincolatività del parametro in sè e per sè considerata.

Il benchmark, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, in ogni caso costituisce un modo per valutare la razionalità e la adeguatezza dell'attività dell'intermediario, giacchè a ogni benchmark associato un rischio, misurato statisticamente dalla volatilità che caratterizza il parametro prescelto a riferimento.

Non v'è quindi alcun errore, nè contraddittorietà, nella decisione della corte distrettuale. La quale in definitiva ha desunto l'inadempimento del gestore dal non aver rispettato le caratteristiche delle linee di investimento per le quali era stato assunto il rischio contrattuale. Per modo che correttamente le perdite sono state imputate all'inadempimento".

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Nostra nota

Il grassetto ed il corsivo sono a nostra cura. 

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