iusimpresa

Misure di prevenzione patrimoniali: la Corte di Appello di Lecce revoca la confisca per mancanza della pericolosità sociale del proposto, a prescindere dalla sproporzione reddituale

  • Autore:

    G. MANTOVANO

  • Provvedimento:

    App.Lecce, Sez. promiscua, pen., dep. il 28 aprile 2017

Misure di prevenzione patrimoniali: la Corte di Appello di Lecce revoca la confisca per mancanza della pericolosità sociale del proposto, a prescindere dalla sproporzione reddituale

Con decreto, depositato il 28 aprile 2017, la Corte di Appello penale di Lecce, sezione promiscua, ha accolto l'appello proposto avverso il decreto applicativo della misura patrimoniale e ha sancito la revoca della confisca disposta dal Tribunale, difettando, a prescindere dalla sproporzione reddituale, il presupposto ineludibile della pericolosità sociale del proposto. Ha rilevato la Corte che, effettivamente nella specie, non emergono, dagli atti, elementi specifici, condotte e/o situazioni complessive significa­tive della pericolosità sociale - quand'anche generica- del soggetto in questione, non potendo ragionevol­mente sostenersi che egli viva di proventi di attività illecita e che sia dedito abitualmente a traffici delittuosi, perché:  

- non ha riportato precedenti penali;

- non ha frequentazioni con pregiudicati;

- non ha un tenore di vita complessivo che possa apparire ingiustificato;

- ha riportato allo stato una sola denuncia. 

II soggetto proposto, ha precisato la Corte, "è persona incensurata e dedita da tempo e tuttora ad attività lavora­tive lecite nell'ambito del commercio e della riparazione di macchine ed arredi per uffici". A fronte di tanto e del suo  stato di penale incensuratezza,  si contrappone l'imputazione per il delitto di usura elevata nei suoi confronti, con riferimento ai rapporti economici intercorsi con una presunta vittima che - esaminata all'udienza dibattimen­tale di un processo ancora in corso- ha affermato come il tasso di interesse "concor­dato" con il proposto per i vari prestiti personali ricevuti, con il metodo dello sconto di assegni, in un periodo di sua difficoltà economica, sarebbe stato del 15%. Tale misu­ra, ha rimarcato la Corte, - ove fosse confermata - è abbondantemente al di sotto del tasso soglia, che, riferito all'epoca dei fatti (2000/2003), oscilla fra il 23,22% ed il 21,72%.

Gli esiti della consulenza disposta dal Pubblico Ministero, in relazione al punto nodale della vicenda penale che qui interessa - e cioè l'usurarietà del tasso pattuito e/o corrisposto, nella misura in cui quello in concreto applicato sia stato di fatto superiore al tasso soglia - giungevano a ri­sultati nettamente in contrasto con quelli della perizia di parte, prodotta dalla difesa, segna­lando la prima perizia un tasso che va dal 23% al 52%, laddove il perito di parte conteggia un tasso mai superiore al 18% circa.

La Corte, al di là della mancanza, allo stato, di un successivo accertamento dibattimentale sulla correttezza dell'uno o dell'altro metodo di calcolo utilizzato dai periti,  ha constatato il dato, non altrimenti superabile, dell'assenza - al di là della denuncia della presunta vittima di usura - di ulte­riori elementi di fatto, certi e non controversi, cui ancorare il giudizio di pericolosità sociale sociale del proposto, precisando di non poter a tal fine utilizzarsi neppure come dato indiziante il mero riferi­mento ad assegni e cambiali, sequestrati presso il proposto, contenuto nella richiesta di appli­cazione della misura, "che non consentono dì affermare con tranquillità che il proposto possa considerarsi soggetto pericoloso perché dedito abitualmente all'usura".

Il provvedimento della Corte di Appello ha richiamato, in premessa, che le SS.UU., nella sentenza del 26.6.2014 n. 4880, hanno invero affermato che «la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della confìsca di prevenzione, è anche "misura temporale" del suo ambito applicativo; ne consegue che, con riferi­mento alla cd. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla cd. pericolosità qualificata, il giudice dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l'intero percorso esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettìbili di ablazione tutti i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale individuato.». 

La decisione delle sezioni unite ha, dunque, ribadito che la pericolosità del soggetto costituisce "ineludibile presupposto di applicabilità della stessa misura reale", precisando che il portato delle modifiche normative non ha inciso sulla necessità di tale presupposto, ma ha solo con­sentito che l'applicazione della confisca "possa prescindere dalla verifica, in concreto, di quel presupposto al momento della relativa richiesta". In altri termini, la possibilità di applicazione disgiunta delle misure di prevenzione patrimoniale impone la sussistenza della pericolosità, ma non più della sua attualità, nel senso che ad assumere rilievo non è tanto la qualità attuale di pericoloso sociale del soggetto, quanto la circostanza che egli fosse tale al momento dell'acquisto del bene. Un bene può essere confiscato nella misura in cui il titolare risulti sog­getto pericoloso al momento dell'acquisizione di detto bene. 

In questo modo la pericolosità sociale si riverbera sul bene acquistato illecitamente di talché la possibilità di applicazione disgiunta della confisca dalla misura di prevenzione per­sonale poggia in ogni caso sul presupposto indefettibile della pericolosità personale del sog­getto inciso al momento dell'acquisto del bene. Con riferimento alla pericolosità generica, le Sezioni unite del 2014 hanno quindi chiaramente affermato che "sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell'arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale, indi­pendentemente dalla persistente pericolosità del soggetto al momento della proposta di prevenzione", ribadendo l'esigenza di una relazione pertinenziale e temporale tra i beni oggetto di confisca e il requisito della pericolosità.

La pronuncia della Corte di Appello ha rimarcato che "la pericolosità segna, infatti, la "misura temporale" dell'ablazione, e non potrebbe, del resto, essere altrimenti, giacché proprio la pericolosità costituisce la ragione giustificatrice dell'apprensione coattiva di beni, acquistati in costanza della stessa o con il favore delle sue peculiari manifestazioni. La pericolosità sociale necessaria all'applicazione delle misure di prevenzione (personali e/o patrimoniali) si desume dall'intera personalità del proposto, sca­turendo da situazioni che giustificano sospetti e presunzioni, purché gli uni e le altre fondate su elementi specifici, tra i quali possono considerarsi, in un procedimento che è chiaramente indiziario, i precedenti penali, le recenti denunce per fattispecie di reato, il tenore di vita, ove sia ingiustificato rispetto alle apparenti capacità reddituali del soggetto, la compagnia di pre­giudicati, e ogni altra concreta manifestazione contrastante con la sicurezza pubblica".

E proprio l'esame dell'intera personalità del proposto ha indotto la Corte ha ritenere insussistente, nella vicenda in esame, il requisito ineludibile della pericolosità sociale, con conseguente revoca della confisca.

*****

Per un'ampia bibliografia e senza pretese di esaustività, a far data dal 2001, si rinvia al link CONFISCA, tratto da www.iusimpresa.com - Osservatorio bibliografico del Diritto dell'economia

 

Torna in alto