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Uckmar, Maestro di etica e fiscalità

  • Fonte:

    Il Nuovo Quotidiano di Puglia

  • Autore:

    G. MANTOVANO

Allegati:
Uckmar, Maestro di etica e fiscalità

Si è spento da pochi giorni VICTOR UCKMAR, Professore emerito nell'Università di Genova.

Oggi che non c’è più, mi sento in dovere di rivolgergli un pubblico ringraziamento.

Ho avuto il piacere di conoscere il Professore, a Milano, agli inizi degli anni ottanta seguendo, nell'Università Luigi Bocconi, le sue lezioni di diritto tributario, così stimolanti e di grande respiro internazionale, tali da suscitare la passione di un giovane studente verso una materia così complessa.

Nelle sue parole colpivano la gentilezza, il garbo ed il rispetto verso tutti, studiosi ed allievi. Ci fece scoprire ed amare il diritto tributario.

Eravamo affascinati dalle sue riflessioni comparatistiche, essendo massima la sua attenzione verso lo studio degli ordinamenti degli altri Stati, dalla Russia che iniziava ad aprirsi verso una economia di mercato alla legislazione sudamericana e cinese.

Da profondo conoscitore del fenomeno delle joint venture, divenne, alla fine degli anni settanta, consulente del Governo cinese e, negli anni '90, contribuì a delineare l'architettura normativa delle società miste in Russia. Non mancarono poi gli apprezzamenti scientifici anche in Sudamerica. Il Professore fu a lungo Direttore dell'Istituto de Derecho tributario dell'Università di Salta (Argentina)  e ricevette una laurea Honoris causa dall'Università di Buenos Aires.

Nei suoi studi di Bruxelles, San Paolo, Mosca o Buenos Aires si sentiva a casa come a Genova o a Milano. Un cittadino del mondo, il cui percorso scientifico e culturale è andato ben oltre i limiti accademici del diritto.

Fu un instancabile riformista, affiancando Bruno Visentini nella grande riforma tributaria degli anni ’70, lavorando con altri eminenti studiosi tra i quali, senza pretese di esaustività, giova citare Allorio, Berliri, Capaccioli, Cosciani, De Gennaro e Micheli.

Come ha bene osservato il Prof. Tundo, suo allievo e docente presso l’Università di Bologna, fu tra i primi ad intuire la portata della globalizzazione, percependo, oltre sessanta anni fa, che il diritto tributario non poteva essere concepito in una dimensione solo nazionale, che le sue dinamiche non potevano rimanere lontane da quelle dell’economia.

Tra i suoi grandi insegnamenti, il guardare oltre l’orizzonte, dimostrandosi sempre pronti al cambiamento.

Con questa curiosità ed energia ha dedicato la sua vita alla costante ricerca del superamento delle difficoltà che incontra un sistema tributario che vede ancora l’Italia, secondo la classificazione della World Bank, alla 137 esima posizione su 183 Stati considerati.

Ha lottato sino all’ultimo per una riforma radicale ed indispensabile dell’ordinamento tributario italiano, collocando questa materia tra i temi più delicati della convivenza civile.

Una breve sintesi delle proposte normative indirizzate ad un legislatore, assai disattento, è leggibile in un suo recente articolo, pubblicato nel 2015 dalla prestigiosa rivista “Diritto e pratica tributaria”, dal titolo eloquente “Amare esperienze di un cultore di diritto tributario”.

In quel saggio Egli denunciava, per l’ennesima volta, la sciatteria nella formulazione dei testi normativi, spesso in violazione dello Statuto dei diritti del contribuente (Legge 27 luglio 2000, n.212), affermando che: “E’ nostro convincimento che molti dei guai nei quali si trova il nostro Paese derivino dalla pessima legislazione e per prima cosa dalla mancanza di certezza che crea difficoltà per il contribuente e per l’Amministrazione aumentando a dismisura il contenzioso, così che ad un certo punto si dovrà ricorrere a nefasti condoni”.

Richiamava, quale esempio di pessima tecnica legislativa, la legge 15 dicembre 2014, n.186, rubricata “Disposizioni in materia di emersione e rientro dei capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio”.

Non la definiva una legge ma un “brogliaccio” con incertezze, omissioni e formulazioni difformi da quelle dettate dall’OCSE ed assunte da molti Stati, quali la Germania, l’Inghilterra, la Francia, il Belgio, la Spagna e l’Olanda.

Il Professore, nei suoi corsi di insegnamento, era solito sottolineare, alla prima lezione, l’affermazione di Adam Smith secondo la quale la condizione fondamentale per un sistema fiscale democratico è la certezza, ma avvertiva gli studenti che in Italia l’unica certezza è il condono.

Dal 1980 ai giorni nostri si contano un’ottantina di “colpi di spugna”, soprattutto in materia fiscale ed edilizia. Particolarmente nocivi in materia tributaria poiché determinano sperequazioni rispetto a quanti assolvono il proprio obbligo, inducendo inevitabilmente all’evasione.

Anche sul versante del contenzioso tributario, l’illustre Maestro lamentava che l’assetto ordinamentale della giustizia tributaria, quale risultava dalla disciplina del D.lgs. n.545 del 1946, era  insoddisfacente. Occorre affiancare, era solito ripetere, all’organo giurisdizionale una struttura amministrativa non dipendente dal Ministero delle finanze e che il giudice tributario sia professionale e reclutato per concorso, per assicurarne la preparazione e l’indipendenza.

Purtroppo, osservava, la recente riforma del contenzioso, operata con il D.Lgs. n.147 del 2015, non ha provveduto in tal senso. Uckmar, fino all’ultimo dei Suoi scritti, ha ricordato a tutti noi che senza un Fisco equo, semplice, redistributivo, certo e rispettoso delle libertà individuali, il sistema Paese rischia di implodere.

Non facciamo in modo che il suo monito resti inascoltato. Ancora grazie, Professore.

Giorgio Mantovano

 

Per un riferimento bibliografico agli scritti del Prof. V. UCKMAR, a far data dal 2001, si rinvia a www.iusimpresa.com - Osservatorio bibliografico del Diritto dell'economia 

 

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