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G.M. Buta,Gestione individuale di portafogli, MiFID II e responsabilità dell’intermediario per mancato rispetto del benchmark prescelto dal cliente, nota a Cass. civ., sez. I, 01/12/2016, n. 24545

  • Fonte:

    www.cortedicassazione.it

  • Provvedimento:

    Cass. civ., sez. I, 01/12/2016, n. 24545

G.M. Buta,Gestione individuale di portafogli, MiFID II e responsabilità dell’intermediario per mancato rispetto del benchmark prescelto dal cliente, nota a Cass. civ., sez. I, 01/12/2016, n. 24545

Con la pronuncia in esame, Cass. civ., sez. I, 01/12/2016, n. 24545, annotata da G.M. Buta, Gestione individuale di portafogli, MiFID II e responsabilità dell’intermediario per mancato rispetto del benchmark prescelto dal cliente, in Banca borsa, 2018, n.2, II, 196 ss., la Suprema Corte rileva la responsabilità da inadempimento dei propri obblighi contrattuali per aver l’intermediario attuato scelte di investimento non coerenti con il benchmark prescelto, con conseguente diritto dell’investitore ad ottenere il risarcimento del danno.

In dettaglio, la Corte d’Appello aveva ritenuto integrato l’inadempimento dell’intermediario, poiché quest’ultimo aveva disatteso gli obiettivi di investimento ed i profili di rischio desumibili dal benchmark ed investito il portafoglio quasi esclusivamente in azioni e fondi azionari, con uno scostamento rilevante nella composizione del patrimonio rispetto al benchmark comportante una gestione decisamente più rischiosa, poi produttiva delle perdite verificatesi.

Nel confermare la decisione della Corte di Appello, la Suprema Corte, dopo aver ricordato quali sono gli obblighi dell’intermediario nella gestione su base individuale dei portafogli di investimento, ha tuttavia precisato che il benchmark riveste un ruolo «non esclusivo ma certamente concorrente » per « definire le caratteristiche della gestione ed indirettamente il grado massimo di rischio al quale l’investitore ha inteso contrattualmente esporsi»

Nostre note

In tema, vedasi, anche Cass. civ., I sez., sentenza n.24 del 03.01.2017, est. Terrusi, che ha sottolineato che nei contratti aventi a oggetto la gestione di portafogli di valori mobiliari gli obblighi comportamentali normativamente posti a carico dell'intermediario (cfr. gli artt. 36 e seg. del reg. intermediari) prevedono, tra l'altro, la preventiva indicazione del grado di rischio di ciascuna linea di  gestione patrimoniale proprio col fine di indicare all'investitore un parametro oggettivo coerente dei rischi connessi (v. di recente Sez. l" n. 8089-16).

In ordine al contratto di gestione individuale l'art. 37 del reg. intermediari (testo vigente pro tempore) prescrive l'obbligatoria indicazione delle "caratteristiche della gestione", e tale sintetica espressione si palesa allusiva, ai sensi dei successivi artt. 38 e 39, proprio e tra l'altro delle categorie di strumenti finanziari nelle quali può essere investito il patrimonio gestito.

Il regolamento prescrive poi l'obbligatoria indicazione della tipologia di operazioni suscettibili di essere effettuate (art. 40) e della misura massima della leva finanziaria utilizzabile (art. 41). Ne consegue che, per delineare le caratteristiche della gestione, assume un ruolo fondamentale proprio il benchmark, definito dall'art. 42 come "parametro oggettivo di riferimento coerente con i rischi a essa connessi al quale commisurare i risultati della gestione".

In altre parole il benchmark rappresenta il termine di paragone per poi valutare l'operato del gestore, sicché fornisce all'investitore l'elemento essenziale per la valutazione del servizio offerto. E' vano allora, sottolinea la Suprema Corte, insistere sulla non vincolatività del parametro in sé e per sé considerata. Il benchmark, se anche non impone al gestore di acquistare titoli nelle proporzioni indicate, in ogni caso costituisce un modo per valutare la razionalità e la adeguatezza dell'attività dell'intermediario, giacché a ogni benchmark è associato un rischio, misurato statisticamente dalla volatilità che caratterizza il parametro prescelto a riferimento. Non v'è quindi alcun errore, né contraddittorietà, nella decisione della corte distrettuale. La quale in definitiva ha desunto l'inadempimento del gestore dal non aver rispettato le caratteristiche delle linee di investimento per le quali era stato assunto il rischio contrattuale. Per modo che correttamente le perdite sono state imputate all'inadempimento.

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